È tutto pronto, adesso.
Sulla mia scrivania di Studio, fino a un paio di giorni fa, campeggiavano aspiranti grattacieli di carte e scartoffie relative a pratiche accumulate in questi due anni di lavoro qui.
Altrettanti grattacieli (ne ho contati almeno un paio) erano stipati nell'armadio nella mia stanza, nascosti dalle ante e al riparo da sguardi indiscreti, affinché non fosse ulteriormente aggravato il turbamento già causato dalle carte presenti sul tavolo.
Il desktop del computer era un coacervo di icone, programmi e documenti scaricati e automaticamente salvati, alcuni - azzarderei a dire - forse anche mai aperti. La cronologia dei download risaliva alla prima volta in cui ho messo piede nella stanza dove ora mi trovo, meno di un anno fa. Evento che, a sua volta, aveva luogo a più di un anno di distanza dall'ingresso, per la prima volta, in questo Studio: prima ero precariamente presente in sala riunioni, sino a quando non si è deciso di liberare una stanza di alcune futilità ivi presenti (sulle quali forse mi soffermerò un'altra volta).
In due giorni ho fatto del mio meglio per "fare pulizia": in disparte le operazioni di cleaning informatico, relativamente agevoli (almeno fisicamente parlando), posso affermare con una certa disillusione di aver trascorso l'ultima giornata e mezza a strappare e triturare fogli e appunti in vista della mia imminente dipartita. Il che mi ha spinto a riflettere anzitutto sul fatto che, d'ora in poi, prima di stampare qualcosa ci penserò due volte (foreste tutte del mondo, sono in debito con voi); in secondo luogo, che i tentativi di Eureka di civilizzarmi regalandomi libri di Marie Kondo sono stati in buona parte fallimentari.
Certo, alla fine ho scoperto che il mio successore, con ogni probabilità, sarà qui già da domattina. E dunque era a maggior ragione necessario provvedere a lasciar tutto in ordine per un passaggio di consegne decente. La risistemazione però era qualcosa che avevo già in mente a prescindere. Quasi a voler suggellare il fatto di aver finalmente deciso di imboccare un'altra strada.
Mentre strappavo appunti, sentenze e atti giudiziari (il cui pulviscolo mi accompagnerà finché non tornerò a casa a farmi una doccia) pensavo all'ultima volta che me ne sono andato: ossia a quando ho lasciato il primo Studio, nel quale ho iniziato la pratica e poi proseguito la professione. A differenza di adesso, quella volta la decisione di andarmene non l'avevo presa io, ma mi era stata imposta dal titolare dello Studio.
Certo, non mi era stata data una deadline precisa. Certo, la notizia mi era stata comunicata anche con una certa delicatezza. Tuttavia, l'approssimarsi di un'altra scadenza concomitante mi aveva costretto a fare i bagagli in fretta e furia. E a lasciare incomplete molte cose, vuoi gli affari correnti di cui mi ero occupato, vuoi gli "averi" (atti, documenti, strumenti di cancelleria) che sono riuscito a recuperare solo molto tempo dopo. Un'incompletezza tangibile, probabilmente anche specchio di quella interiore.
Stavolta volevo fare qualcosa di diametralmente opposto. Sì, reso anche più facile dal fatto di esser stato in quest'altro Studio per meno tempo rispetto al primo; ma non per questo scontato. Di lasciare tutto in ordine, proprio come in ordine - Marie Kondo permettendo - penso di star rimettendo la mia vita, dando priorità alle cose che per me contano davvero e a quelle che mi voglio impegnare a ottenere.
Sono pronto, adesso.
Prontamente
Er Matassa