mercoledì 19 ottobre 2022

Prima di andarmene


 È tutto pronto, adesso.

Sulla mia scrivania di Studio, fino a un paio di giorni fa, campeggiavano aspiranti grattacieli di carte e scartoffie relative a pratiche accumulate in questi due anni di lavoro qui.

Altrettanti grattacieli (ne ho contati almeno un paio) erano stipati nell'armadio nella mia stanza, nascosti dalle ante e al riparo da sguardi indiscreti, affinché non fosse ulteriormente aggravato il turbamento già causato dalle carte presenti sul tavolo.

Il desktop del computer era un coacervo di icone, programmi e documenti scaricati e automaticamente salvati, alcuni - azzarderei a dire - forse anche mai aperti. La cronologia dei download risaliva alla prima volta in cui ho messo piede nella stanza dove ora mi trovo, meno di un anno fa. Evento che, a sua volta, aveva luogo a più di un anno di distanza dall'ingresso, per la prima volta, in questo Studio: prima ero precariamente presente in sala riunioni, sino a quando non si è deciso di liberare una stanza di alcune futilità ivi presenti (sulle quali forse mi soffermerò un'altra volta).

In due giorni ho fatto del mio meglio per "fare pulizia": in disparte le operazioni di cleaning informatico, relativamente agevoli (almeno fisicamente parlando), posso affermare con una certa disillusione di aver trascorso l'ultima giornata e mezza a strappare e triturare fogli e appunti in vista della mia imminente dipartita. Il che mi ha spinto a riflettere anzitutto sul fatto che, d'ora in poi, prima di stampare qualcosa ci penserò due volte (foreste tutte del mondo, sono in debito con voi); in secondo luogo, che i tentativi di Eureka di civilizzarmi regalandomi libri di Marie Kondo sono stati in buona parte fallimentari.

Certo, alla fine ho scoperto che il mio successore, con ogni probabilità, sarà qui già da domattina. E dunque era a maggior ragione necessario provvedere a lasciar tutto in ordine per un passaggio di consegne decente. La risistemazione però era qualcosa che avevo già in mente a prescindere. Quasi a voler suggellare il fatto di aver finalmente deciso di imboccare un'altra strada.

Mentre strappavo appunti, sentenze e atti giudiziari (il cui pulviscolo mi accompagnerà finché non tornerò a casa a farmi una doccia) pensavo all'ultima volta che me ne sono andato: ossia a quando ho lasciato il primo Studio, nel quale ho iniziato la pratica e poi proseguito la professione. A differenza di adesso, quella volta la decisione di andarmene non l'avevo presa io, ma mi era stata imposta dal titolare dello Studio.

Certo, non mi era stata data una deadline precisa. Certo, la notizia mi era stata comunicata anche con una certa delicatezza. Tuttavia, l'approssimarsi di un'altra scadenza concomitante mi aveva costretto a fare i bagagli in fretta e furia. E a lasciare incomplete molte cose, vuoi gli affari correnti di cui mi ero occupato, vuoi gli "averi" (atti, documenti, strumenti di cancelleria) che sono riuscito a recuperare solo molto tempo dopo. Un'incompletezza tangibile, probabilmente anche specchio di quella interiore.

Stavolta volevo fare qualcosa di diametralmente opposto. Sì, reso anche più facile dal fatto di esser stato in quest'altro Studio per meno tempo rispetto al primo; ma non per questo scontato. Di lasciare tutto in ordine, proprio come in ordine - Marie Kondo permettendo - penso di star rimettendo la mia vita, dando priorità alle cose che per me contano davvero e a quelle che mi voglio impegnare a ottenere.

Sono pronto, adesso.

 

Prontamente

Er Matassa

mercoledì 12 ottobre 2022

Uscire dal nastro trasportatore

 

Sin dai tempi del liceo ho un carissimo amico: uno di quelli che ti dice le cose in faccia, senza troppi complimenti, soprattutto se gli stai a cuore. Dotato sia di guanti di velluto, sia di parole che sanno essere ben sferzanti e graffianti, riesce sempre ad arrivare dritto al punto.

"A volte mi sembra che tu stia come su un nastro trasportatore, di quelli che vedi negli aeroporti, per le valigie. Che ti portano dove vogliono loro e tu non fai che assecondarli".

Il mio amico, prima di me, era arrivato a capire e a comprendere ciò che cercavo. Anzi, meglio: ciò che in realtà non stavo affatto cercando.

In principio era l'Università, l'Erasmus, la laurea, lo stage post lauream. Fin lì tutto ok. Poi, per quelle coincidenze che nella vita accadono una volta su mille, il praticantato in uno studio prestigioso, conosciuto tramite una collega e amica universitaria. Di lì il dottorato e di nuovo l'Università. Inizialmente ero davvero entusiasta, del tutto proiettato in una vita che mi era capitata tra le mani e che forse nemmeno ero consapevole di aver scelto: mi smazzavo da una parte all'altra, sempre guardando al mio boss (anzi: ai miei due boss, ciascuno per il proprio ambito, professionale e accademico) come a esempi da cui trarre insegnamenti per prendere sia il meglio, sia il peggio. E questo ok, è un bene. Purtroppo, però - e soprattutto - non mi ero mai chiesto se davvero volessi tutto ciò.

Di lì la (perenne) insoddisfazione, il senso di noia e di incompletezza, la procrastinazione, la distrazione, il mio non darmi ascolto. "Faccio questo e quest'altro. Nella vita voglio, anzi devo, essere questo e quest'altro", ripetevo a me stesso quasi obbligandomi e senza fare i conti con le mie inclinazioni e predisposizioni.

C'è un detto spagnolo che capita a fagiolo (tiè, pure la rima): "El hombre propone y Dios dispone". In breve significa che tu puoi farti tutti i progetti di vita che vuoi, ma poi è la vita che sceglie per te. Dove la vita non sono gli altri, non è il caso e non è nemmeno il Padreterno. O meglio, non sono solo loro.

La vita sei anche e soprattutto tu, anche quando non ti sei mai fatto domande, quando continui a sentirti inadeguato e quando ti chiedi il perché di tale sensazione. Quando continui a forzarti e a obbligarti a percorrere certi cammini, ma senza ascoltarti, senza capirti. Senza vedere veramente quello che ti piace e - soprattutto - senza cercarlo.

Poi arriva il Covid, la quarantena, i litigi a casa tra i miei e con i miei, la perdita dell'animale domestico che era ormai quasi un fratello, il fatto di dover lasciare il posto di lavoro e il dover rispettare scadenze e portare a termine adempimenti che iniziavo a sentire sempre più pesanti. Su consiglio di amici e di Eureka - la mia ragazza - decido di iniziare psicoterapia.

La psicoterapia è stata una delle cose migliori che potessi fare in questi ultimi due anni. Mi ha portato a dubitare di tutto ciò che davo per scontato e a dare importanza a fatti, relazioni, sensazioni e pensieri che prima ritenevo futili o insignificanti. Mi ha aiutato a darmi fiducia e a sostenermi nei momenti più difficili, a capire cosa mi faceva star bene e cosa no. Ma soprattutto, mi ha fatto capire che la cosa più importante che uno possa fare è ascoltarsi. Dar retta a sensazioni. Decidere - certo - non solo di pancia, ma anche di pancia e non solo con la testa. 

Non saprei dire come sono arrivato a questo punto. Il fatto è che una volta che impari ad ascoltarti arrivi lontano, anche dove non avresti mai pensato di arrivare. Dicono che non sai dove ti porterà la psicoterapia. È vero. Magari riaffronti problemi e sollevi situazioni scomode, riporti alla luce cose che avevi lasciato sotto il tappeto. Dubiti di cose delle quali mai avresti voluto dubitare.

L'imparare a sostenerti, d'altra parte, ti dà il coraggio di prendere decisioni scomode, ma che senti che possano far veramente bene. Impari a fidarti delle tue emozioni e sensazioni. Impari l'autenticità di certi sentimenti e la finzione, o la sufficienza, di altri. Impari a non accontentarti di situazioni "di comodo", nelle quali sul momento stai bene, ma sai, senti che non è quello che vuoi per te nel lungo periodo.

E allora ti dici: "Non sono più tanto giovane, ma nemmeno tanto vecchio ancora". Inizi a pensare in grande come mai hai pensato sinora, costretto in quel nastro trasportatore che la vita ti ha costruito. Ora, però, capisci che su quel nastro non sei condannato a restare. Del resto, chi lo ha detto che bisogna restare dove la vita ci ha portato? Chi ti impedisce di prendere un'altra strada?

Un distinguo, forse, è opportuno. Non rimpiango e non rinnego tutto quello che ho fatto sinora. Il nastro trasportatore, per rimanere in metafora, è servito a farmi crescere e ad acquisire esperienze, a stringere amicizie, a maturare. Tutto quanto della mia vita, fino a questo momento, mi è servito. Ora, però, è il momento che prenda io il timone. È il momento che sia io a scegliere e non lo faccia qualcun altro per me.

Così ho fatto qualcosa che solo un paio di anni fa non avrei mai pensato di poter fare. Qualcosa di molto incerto e molto scomodo, rischioso e sconveniente.

Sono uscito dal nastro trasportatore.

La settimana scorsa ho detto a Studio che me ne sarei andato alla fine di questo mese. E così sarà, alla ricerca di qualcosa che mi piaccia di più e per/dalla quale io mi senta più portato, appagato, ristorato, intrigato.

Mi sto preparando a qualcosa di più grande, di più bello, che sento possa fare per me. E chissà: magari andrà male o magari, una volta visto l'andazzo, tornerò a fare quello che facevo prima. Ma potrò dire di averlo scelto, allora, e di essermi messo alla prova in qualcos'altro, senza vivere una vita di rimpianti.

E sono felice.

 

Er Matassa

 

martedì 6 settembre 2022

Rimembranze di agosto e consapevolezze di settembre

Michelangelo, Lo Schiavo detto "Atlante"

È un bel po' che non scrivo nulla qua sopra. Più passa il tempo, poi, più è difficile riannodare le fila del discorso (meglio: dei tremila discorsi) lasciati in sospeso prima dell'estate. E diventa anche più difficile scrivere con una certa scioltezza, accidenti! Mi sono quindi detto: buttiamoci, scriviamo qualcosa anche se non abbiamo le idee ben chiare, ché sennò aspettare è solo peggio...

In un certo senso, è con lo stesso spirito che sto maturando di prendere una particolare decisione lavorativa: lo spirito, diciamo così, del "se non ora, quando?" di oraziana memoria. Penso però che ne parlerò più avanti in un altro post, magari provando a scrivere con maggior tranquillità. 

A proposito di tranquillità e di tempo trascorso, l'altro giorno ragionavamo con Eureka sul fatto che, da quando io e lei stiamo insieme, erano due anni che non riuscivamo a farci delle vacanze degne di questo nome. 

Ok, tralasciamo l'anno in cui - a causa della prova orale di un importante esame di abilitazione che avrei dovuto sostenere - ci siamo concessi, in totale, solo cinque giorni di mare. L'anno successivo, poi, è stato ancora più tosto, perché una deadline importante mi ha portato a trascorrere davanti al PC tutta l'estate (sempre per colpa mia e della mie scarse capacità organizzative, ahimè). E l'anno dopo ancora, vacanze praticamente ridotte a zero a causa dell'imminente trasloco!

A proposito di trasloco, la fatica era stata, ovviamente, ampiamente compensata dalla gioia di andare a convivere. Alla fine ce l'avevamo fatta: avevamo una casa tutta nostra (intendo in affitto, ça va sans dire...!) e giusto una settimana fa abbiamo festeggiato un anno di convivenza. Soprattutto nel corso di quest'anno, poi, ho capito quanto faccia bene ritagliarsi del tempo per sé, da dedicare alla celebrazione delle cose importanti (incluse le relative ricorrenze).

Tornando alle vacanze, dicevamo, siamo riusciti a ritagliarci qualche giorno in una località di mare molisana che - benché non troppo conosciuta - ci è piaciuta moltissimo. Non escludo, quindi, che ci ritorneremo in futuro. A questo periodo di mare ne è seguito un altro di villeggiatura toscana, tra casa dei miei e visite ad amici. Ebbene: se si eccettua un giorno di maltempo e un altro giorno in cui Eureka è stata preda di un terribile mal di pancia, tutto è andato a gonfie vele, anche nei rapporti con i miei e i suoi genitori (cosa peraltro tutt'altro che scontata, visti alcuni trascorsi turbolenti).

Qualche amico mi ha detto che erano diversi anni che non mi vedeva così abbronzato. "Andiamo bene allora", ho subito pensato, "ora stiamo a posto per altri x anni, chissà che altro accadrà di qui in avanti!".

Forse è necessario un chiarimento. Ho diverse cose in mente, ora, per il mio futuro, alle quali non avevo mai pensato. Anche se il cosa e soprattutto il quando sono ancora un po' incerti, vedo finalmente una direzione da seguire e un progetto che prende forma.

Progettualmente

Er Matassa

giovedì 14 luglio 2022

Festina lente

Festina lente.

Ossia, in latino, affrettati lentamente.

Sembra un ossimoro, ma in realtà rispecchia molto lo stato in cui mi sento da un po' di tempo e quello che sto facendo. Tutto, apparentemente, impercettibilmente, è immobile. Ma io sento di starmi muovendo in un'altra direzione, diversa da tutte quelle prese sinora.

Mi sono stufato di aspettare. Occorre - lentamente, ma inesorabilmente, muoversi, insieme a un pizzico di forza di volontà. E crederci.

EM





martedì 24 maggio 2022

Un altro post di un altro blog (o forse di un'altra vita): lo stagista

Da qualche parte in Germania, Luglio 2012

Matassa era un po' teso per l'imminente colloquio di lavoro ed effettivamente non ricordava di averne mai sostenuto uno prima di allora.

Che poi in fin dei conti si trattava di uno stage e chiamarlo "lavoro" era una parola grossa. Del colloquio di lavoro aveva tutti i crismi: prendere il treno dalla sua piccola città "adottiva", che lo aveva accolto come studente Erasmus, per recarsi in quella grande metropoli trafficata non si sa se più da macchine o da biciclette; "vestirsi bene", in giacca, camicia e cravatta nonostante il caldo di luglio non risparmiasse nessuno nemmeno in quel Paese del Nord. Se si poteva parlar di freddo in quella stagione era solo in relazione al carattere delle persone locali che circondavano Matassa e con le quali di rado si era intrattenuto, nei ritagli delle giornate passate con gli altri studenti Erasmus a studiare in biblioteca o a far festa. A breve, però, avrebbe conosciuto meglio qualcuno degli autoctoni e scoperto che far di tutta l'erba un fascio è sempre sbagliato.

Matassa si alzò, si stiracchiò le gambe e si guardò intorno. Lo avevano fatto accomodare in una grande sala rettangolare al piano terra evidentemente destinata alle riunioni. Un'ampia porta-finestra, posta su uno dei due lati corti, affacciava sul giardino al pianterreno della villetta in cui si trovava lo Studio e lasciava entrare tantissima luce. Una lunga libreria a muro, invece, correva lungo uno dei lati lunghi nella sua interezza. Matassa prese una rivista dalla libreria e iniziò a scorrerne l'indice.

Matassa si stava giusto chiedendo chi mai avrebbe potuto nutrire interesse per la tassazione sulle polizze vita oggetto di successione ereditaria quando qualcuno bussò alla porta. Prima ancora che potesse dire "Ja", si era trovato di fronte un Avvocato, leggermente più basso di lui, che gli tese la mano non impegnata a reggere una grossa tazza blu colma di caffellatte.

Fatte le presentazioni, si accomodarono attorno al tavolo, sul quale l'Avvocato sparpagliò i documenti che Matassa gli aveva inviato via mail: il (breve!) curriculum vitae, l'elenco degli esami sostenuti, i certificati di lingua.

L'Avvocato si fece dir subito quali fossero i rami del diritto preferiti da Matassa e ci tenne a precisare che gli ambiti prediletti dello Studio erano altri. Matassa - che in quel periodo ancora sapeva come avere una poker face nei momenti più opportuni e riteneva comunque utile fare un'esperienza di lavoro in quel settore - si riscoprì entusiasta di approfondire cose di cui poco prima nemmeno conosceva l'esistenza. Si vede che fu convincente, perché a un certo punto l'Avvocato ritenne maturi i tempi per passare allo step successivo, il test di lingua, in cui fortunatamente Matassa (il Matassa di allora, beninteso, non quello di oggi) non ebbe bisogno di ricorrere a sotterfugi. Ebbe però l'impressione fugace ch'esso fosse stranamente considerato meno importante.

Restava da definire il quantum - sul quale ovviamente Matassa non aveva il benché minimo potere contrattuale (ma non è che adesso la situazione sia migliorata) e il quando. Archiviato velocemente il primo, per il secondo ci si accordò per i primi di agosto, con un termine "sospeso".

Matassa sarebbe rimasto in quello Studio a far da stagista per due mesi, all'esito dei quali si presentò l'occasione di lavorare in un altro posto - diverso per tipologia di lavoro e per ambito di attività - in cui stavolta furono preponderanti le sue capacità di scrivere (già allora Matassa si spacciava per blogger) e di comunicare. Anche in questo caso fu testata la sua conoscenza delle lingue: ma ebbe sempre l'impressione che fu qualcosa "tanto per", un "di più" senza un peso effettivo nella decisione sul prendere uno stagista o meno.

Un po' gli dava fastidio, anche a fronte dei sacrifici e dei corsi intensivi che aveva fatto in vista della partenza. Ripensandoci, può anche darsi che in realtà - se ci fossero stati dei problemi - glielo avrebbero fatto notare e che tutto filò liscio semplicemente perché Matassa aveva inconsapevolmente passato la linea dell'accettabilità attraverso l'arte del "buttarla in caciara dicendo qualcosa che conosco bene". L'impressione che gli rimase e che si portò dietro negli anni a venire, però, fu più o meno quella da "banco macelleria".

"Signò, lo stagista conosce tre lingue, che faccio, lascio?"

"Ma sì dai, de sti tempi so sempre boni"


Stagisticamente

Er Matassa

P.S. Ringrazio PuroNanoVergine per avermi fatto ripensare a quel periodo




lunedì 23 maggio 2022

Parenti che (forse) si sposano d'estate in culandia e te lo dicono un mese e mezzo prima

Penso che il titolo sia di per sé illustrativo dell'assurdità della situazione e dello sgomento che ha suscitato. Ma andiamo con ordine.

Uno degli argomenti che recentemente sta venendo a galla sempre più spesso, nelle chiacchierate con Eureka e in quelle con gli amici, è il matrimonio. In principio fu la mia migliore amica (già sposata), poi una ex compagna di classe e mia cugina (in attesa di sposarsi). Insomma: sempre più gente della mia età sta convolando a nozze. E ci può anche stare.

Tutto questo convolare ha fatto riflettere tanto me ed Eureka se fosse il momento di compiere anche noi questo passo (in realtà Eureka è convintissima e non perde ogni occasione per punzecchiarmi al riguardo).

Io, che in fondo non ho nulla in contrario al riguardo, mi sento in difficoltà, perché prima di andare avanti mi piacerebbe che fosse solido - oltre al nostro rapporto - anche tutto ciò che potrebbe garantirci o quantomeno agevolarci un'esistenza felice assieme (e qui torniamo alle dolenti note relative al lavoro, all'insoddisfazione e alla ricerca di qualcosa di meglio).

Ma non era questo l'argomento del post. Che invece scaturiva dal fatto che, proprio in mezzo a una "mini-crisi" tra me ed Eureka dovuta alle problematiche di cui sopra, è giunta dall'altro Continente la dichiarazione/telefonata Whatsapp di CuginaSvampita (che definiremo tale - diciamo così e con beneficio del dubbio - solo per distinguerla dall'altra nubenda) che afferma di aver deciso di sposarsi tra un mese e mezzo in un posticino sperduto del Sud Italia e che, alla mia domanda in ordine al luogo della celebrazione (Comune? Chiesa?), ha riferito che "stavano ancora riflettendo".

Procediamo però con ordine, CuginaSvampita.

- "mi sposo": e fin qui tutto ok, salvo girare il coltello nella piaga della mini-crisi che frattanto si era andata ricomponendo;

- "tra un mese e mezzo": cioè a luglio? E ai parenti lo dici con un mese e mezzo di preavviso, senza dar loro il tempo di organizzarsi (anche mentalmente)? E con i concorsi? E con le ferie/vacanze da programmare? Si potrebbe quasi pensare che in realtà speri che desistano!

- "in un posticino sperduto del Sud Italia": questo punto, in tandem con il precedente, è micidiale;

- "stavamo ancora riflettendo": penso che il fatto che ci sia ancora "necessità di riflettere" sia sintomatico della paradossalità della situazione...

Seguiranno aggiornamenti, statene certi.

Paradossalmente

Er Matassa





giovedì 12 maggio 2022

Lasciar andare

Esattamente una settimana fa ho mancato un appuntamento al quale mi avrebbe fatto molto piacere partecipare.
Si trattava di salutare una persona che negli ultimi anni ha ricoperto un posto importante nella mia vita, soprattutto (ma non solo) professionale.
Non sono riuscito ad andare, a causa di circostanze lavorative e impegni domestici che - guarda caso - si sono accavallati proprio nello stesso giorno.
Epperò, il senso di dispiacere per esser stato assente, quel giorno, è stato così forte che - lo giuro - non sono riuscito a concentrarmi su nient'altro.

Arriviamo allora a oggi pomeriggio, quando ho visto Amazzone (qualche aficionado del blog ricorderà che si tratta della mia psicoterapista) e le ho raccontato di questo fardello che mi portavo dietro da circa una settimana e del quale non riuscivo a liberarmi.
Con il suo aiuto, ho provato a immaginare quella persona seduta lì di fronte a me, nella stessa stanza, e a dirle tutto quello che avrei voluto nel corso di questi anni - anche dopo che ci siamo persi di vista, per dir così - e non sono riuscito a fare.

Pensavo che sarebbe stato un esercizio inutile e invece sono riuscito a esprimere e a buttare fuori ciò che tenevo riposto neanche io so dove. Ad azzeccare, una dopo l'altra, tutte le parole che avrei voluto dire, a prevenire le obiezioni che mi sarebbero state fatte, a uscirne forse un po' triste, ma soprattutto alleggerito (nell'immediato) e consapevole (dopo, a mente più fredda).
E sono riuscito a lasciar andare - oltre alla persona - anche le parole non dette, le recriminazioni a lungo serbate, le spiegazioni mai ricevute, le gratificazioni mai avute, la pazienza che non c'è stata.
Ora ciascuno libero per la sua strada, nel ricordo affettuoso, ma che non sarà più un macigno.

Macignatamente,

EM



giovedì 21 aprile 2022

Lo scopriremo solo vivendo: tre domande e una (sola) risposta

Il titolo di questo post è una risposta, per dir così, bonne à tout faire, capace di rispondere a diverse domande. Diciamo tre, per il momento.
 
1. La prima che mi viene in mente è: quand'è che avrò il tanto agognato aumento di stipendio?
Il capo mi ha detto che quest'anno sarà "un anno importante" per valutare la cosa. Come ho già scritto in passato, è una risposta che dice tutto e non dice nulla. Dice tutto, perché mi fa stare comunque col fiato sospeso, aspettando neanch'io so bene che cosa. Non dice nulla, perché non è dato al popolino sapere se quest'aumento ci sarà, a quanto ammonterà, e quando mai ciò accadrà. Della serie: poi vediamo, non ti preoccupare, aspetta e spera, Enrico stai sereno e giù di lì. Poi, però, si è visto che fine ha fatto Enrico...

2. Parlando di aspetta e spera, veniamo dunque alla seconda domanda: quando si terranno i concorsi pubblici ai quali Er Matassa, medio tempore e senza saper né leggere e né scrivere, si è iscritto?
Già, perché Er Matassa si è deciso a giungere a più miti consigli, alla luce delle risultanze di cui sopra e del fatto che magari gli piacerebbe costruire una famiglia con Eureka, andare a vivere in una casa tutta sua e del fatto che Roberto Carlino sarebbe senz'altro felice di tale proposito ("non vende sogni, ma solide realtà"). Tristemente, ma non meno consapevolmente, sta dunque disertando lentamente l'altro "binario" che avrebbe avuto piacere di coltivare, ossia quello della carriera universitaria, perché alla fine si è convinto che va bene percorrerlo per la gloria e, comunque, se sei disposto a investire tante, tante risorse sino a quarant'anni, per poi forse (e dico forse) riuscire a strutturarsi da qualche parte, a qualche ordinario piacendo. Parallelamente, Matassa sta iniziando a percorrere il binario dei concorsi pubblici: si è dunque iscritto a qualcuno di essi, le cui prove, però, al momento o non sono proprio in programma, oppure sono state rinviate. Di qui si ritorna alla domanda (e alla risposta) iniziale.

3. Veniamo ora alla terza e ultima domanda. La quale, se di certo è meno impegnativa delle prime due, di certo non è meno priva di un certo margine di rischio. Dopo aver trascorso le ultime settimane in quarantena a causa della positività di Er Matassa, questi ed Eureka hanno deciso di trascorrere il weekend lungo villeggiando da qualche parte. Eureka - le cui ricerche di un sito hanno dato esito negativo - ha dunque dato mandato a Matassa di trovare una stanza decente in un agriturismo decente in un paesino decente. Va da sé che alle plurime richieste di decenza e ai connessi odori di diludendo si somma l'inesperienza di Matassa nel compiere operazioni del genere. Così, quando nel corso di una ricerca su una nota piattaforma di ricerca di strutture ricettive ne è comparsa una in una località papabile, con foto stupende, recensioni molto positive e offerte dell'ultimo minuto, Matassa si è sentito un po' come un aspirante massone chiamato a compiere il famoso salto nel vuoto per entrare a far parte della confraternita. Anche alla domanda la stanza superfigherrima nel posto turbospaziale nel borgo stratosferico (Diego Fusaro scansate) che ho prenotato per il weekend sarà veramente quella in foto o ci hanno rifilato qualche sòla?, pertanto, la risposta non potrà che consistere nel titolo di questo post, a cui però, in caso di esito negativo (e sicuramente in misura maggiore rispetto agli altri quesiti), saranno legati il tentato omicidio da parte Eureka e la fuga di Matassa per la sopravvivenza.

Sopravviventemente

Er Matassa

P.S. Er Matassa sente il bisogno di ringraziare pubblicamente l'Autore della risposta in questione (suscettibile, si diceva ironicamente, di plurime applicazioni), anche al fine - questo niente affatto ironico - di onorarne la memoria.


giovedì 7 aprile 2022

Tana per il Covid-19


Diario del Covid-19, giorno 9

Tanto era nell'aria l'aumento dei contagi da Covid-19 che alla fine me lo sono preso anche io - e, per uno strano scherzo del destino, me lo son preso proprio il giorno prima della fine dello stato d'emergenza!


Non ho proprio idea di come possa essermi contagiato, avendo sempre utilizzato quelli che ormai sono passati alla storia come i c.d. "dispositivi di sicurezza" (mascherine et similia); ma il tampone non mente, o quantomeno non mentono i sintomi. Sono stato diversi giorni con la febbre alta e con un mal di gola mai avuto prima d'ora. Come se qualcuno mi avesse foderato di carta vetrata le pareti della gola: ogni deglutizione era (ed è) una faringitica battaglia. 

Anche adesso che la febbre è passata, dopo aver fatto un altro tampone (positivo pure questo), il mal di gola tarda a passare e fatico a riprendermi completamente.

Mi sento debilitato: dormo 9 ore a notte, ma al mio risveglio non mi sento affatto come se avessi dormito 9 ore. Allo stesso modo, dopo un'ora di riunione su Zoom sento la necessità di dormire non dico tutto il pomeriggio ma quasi. Mi chiedo quando passerà questa fase e quanto tempo ci vorrà. 

Allo stesso tempo, non potendo lavorare come sempre, sto cercando di prendermi un po' di tempo per me. In meno di una settimana ho letto due libri (di uno avevo già letto la metà in circa due mesi, tra lavoro e altro; l'altra metà me la sono divorata in un giorno e mezzo). In ogni caso è dura dover fare tutto a ritmo ..." rallentato".

Eureka - che per fortuna non è stata contagiata né da me, né da altri, stavolta - si è trasferita in salotto ed è riuscita ad avere qualche giorno di smart working. Certo, è difficile stare "separati in casa" e dover indossare sempre la mascherina quando siamo nella stessa stanza, così come è difficile anche semplicemente stare senza abbracciarsi. Speriamo solo che duri poco, anche se dalla carica virale risultante dall'ultimo tampone risulto ancora estremamente contagioso e c'è il rischio che mi porti la positività anche sotto Pasqua.

In ogni caso, nella mia positività abbiamo avuto modo di sperimentare i vantaggi della convivenza. Ché rispetto al 2020 - in cui, a causa del lockdown di marzo e aprile prima, e della persistente positività di Eureka poi - siamo stati distanti l'uno dall'altro, nel complesso, quattro mesi; rispetto al 2021 (penso soprattutto al periodo di Pasqua), siamo riusciti (perlomeno sino ad ora) a vivere il dramma del Covid in maniera più distesa.

Ogni giorno, alla fine, si risolve in una (ri)scoperta dei nostri limiti (e non solo da Covid-19) e di quanto possiamo spingermi al di là di essi. Spiace solo rilevare, per ora, che i miei consistono nell'essere perennemente stanco e assonnato, oltre ad avere un fastidioso mal di gola. Spero non in eterno, però!


Assonnatamente

Er Matassa

giovedì 17 marzo 2022

Sensi di colpa e moti di rivalsa



È un bel po' che non pubblico qualcosa, quindi anzitutto mi scuso con gli internauti lettori (di fiducia o occasionali che siano).

In secondo luogo, le ragioni per cui il tempo è sempre meno sono in parte riconducibili alla mia decisione di evadere. Non avete capito: non mi hanno incarcerato! Parlo di evasione "relativa", ossia dal lavoro che sto facendo adesso (ché dal lavoro non si evade mai completamente, ahimè), o meglio, del guardarmi intorno e del (provare a) preparare un concorso. 

L'anno nuovo è iniziato con una vittoria di Pirro. Per questo motivo, ho iniziato a studiare in vista di alcune prove concorsuali che si terranno - pur se non nell'immediato - entro quest'anno. Tutto ciò, ovviamente, in parallelo al lavoro dove attualmente mi trovo. Il che vuol dire alzarsi la mattina alle 5, sfruttare la pausa pranzo, i (pochi) momenti di disimpegno tra lavoro (di cui vi ho detto), casa (da ormai più di sei mesi convivo con Eureka, la mia ragazza) e famiglia (i miei, purtroppo, riesco a vederli sempre meno, ma temo che sia nell'ordine naturale delle cose). Risultato: studio poco in settimana e più nel weekend, ho un sonno che mi porta via e diversi amici non li vedo ormai da tempo.

Dello studio in parallelo non ho ancora detto nulla nel posto dove attualmente lavoro e non so se lo farò a breve. Ché ovviamente il pensiero che io investa energie in altro e la prospettiva di perdere un collaboratore non è per loro proprio il massimo. E mi sento in colpa in quei pochi momenti in cui sento di esser valorizzato (seppur con i limiti di cui dirò fra poco). Io, che sono abituato alla trasparenza, non riesco a fingere che tutto vada bene e che non mi stia guardando intorno e preparando per altre cose, specialmente quando mi dicono che sono soddisfatti del lavoro che faccio.

Ma. Ma. Ma. A tutto c'è un ma, e stavolta me l'ha fatto venire in mente Eureka con quelle quattro parole che da brava femmina mi ha rivolto l'altro ieri sera (si badi: utilizzo "femmina" non per fini maschilisti, ma per indicare quel genere di essere umano che senza troppi giri di parole è in grado di trasmetterti tantissimi sentimenti, se del caso anche troppi, se del caso anche di colpa, a seconda dell'umore).

"Non capisco perché ti senti in colpa".

"Mi dispiace non esser trasparente con loro. Soprattutto quando vedo che sono contenti del mio lavoro e mi trattano come parte della squadra. E poi dovrò fare i conti con quello che succede se il concorso va bene..."

"A quello ci penserai a tempo debito. Ti invito a riflettere sul fatto che ti avevano detto che dopo 6 mesi di prova ti avrebbero fatto un discorso sul tenerti o meno e sull'aumento. Bravi sono stati a tenerti, ma senza aumento, proprio bravi. E intanto ne sono passati 13, di mesi"

"In effetti..."


Effettivamente

Er Matassa

giovedì 10 febbraio 2022

Un mondo migliore?

Copio e incollo uno stream of consciousness appena partorito su Twitter.

Penso che condividerlo mi farà stare meglio? Non lo so.

Penso di non essere il solo a essere in questa situazione? Forse.

Penso che vorrei lasciare un mondo migliore di quello che ho trovato a chi viene dopo di me? Cazzo, sì.


Pensatamente

EM



martedì 18 gennaio 2022

Di viaggi in scooter e strade inaspettate

Chi si sposta in scooter a Roma riesce senz'altro a muoversi in maniera più agile e veloce di chi viaggia in macchina o - peggio ancora - dei mezzi pubblici di superficie, quali autobus e tram.

Nemmeno gli scooter, però, riescono a sfuggire ai Diktat dei semafori e alle lunghe attese ch'essi comportano, soprattutto agli incroci delle arterie principali della città. Salvo, ovviamente, voler fare uno sgarro al codice della strada, il che però spesso e volentieri non è consigliabile, perché oltre al benessere fisico nuoce - banalmente e utilitaristicamente - anche a quello del portafogli. 

Così, nei non radi momenti in cui mi trovo ad attendere che scatti il verde, scruto le targhe degli altri scooter, quando non mi perdo in pensieri relativi alle ragnatele che infestano alcuni dei luminosi vigili del traffico romani. Non perché abbia un'avversione nei confronti delle targhe delle macchine, beninteso, ma perché dalle placche che contengono le targhe degli scooter è ben più facile vedere l'insegna e l'indirizzo dei concessionari dove questi sono stati comprati.

E così, dando per presupposto che la casa dei miei effimeri compagni di corsia si trovi non distante da quei rivenditori, cerco di immaginare verso quali lidi li porteranno i loro viaggi infraurbani. Stamattina, ad esempio, lo scooter di un tizio recava l'indirizzo di un concessionario di Centocelle. Chissà che ci faceva stamattina, nel bel mezzo del Lungotevere, con una scopa tenuta sulla pedana dello scooter, in mezzo alle gambe. Stava andando a pulire il nuovo posto di lavoro? Portava la scopa alla madre che abita dall'altra parte della città per darle una mano a riordinare casa? Si trattava di una Befana maschio, di ritorno dalla villeggiatura alla sua casa in quel di piazzale dei Gerani?

Accanto a lui, un altro scooterista - non saprei dire se uomo o donna - montava uno scooter acquistato vicino a dove sono andato a convivere con Eureka. Un altro pensiero mi ha colto. La stessa placca, se vista tanto tempo fa, non avrebbe sortito in me lo stesso effetto. La mente è tornata a tutte quelle volte in cui - per svago o per lavoro, a piedi o motorizzato - mi sono trovato a percorrere la strada dove vivo, senza sapere che un giorno ci sarei andato ad abitare. Simmetricamente, chissà quante volte ho visto e vedrò posti, strade e palazzi che acquisteranno per me significato solo in futuro, ma che per me, adesso, non ne hanno alcuno.

Penso a tutto questo e nel frattempo il verde è arrivato. Per fortuna, sono abbastanza allenato da saper spingere la riflessione - e girare, subito dopo, l'acceleratore dello scooter - sino all'istante immediatamente precedente al momento in cui il conducente della macchina prima di me perderà la pazienza e suonerà il clacson, magari chiedendomi in gergo romanesco se, oltre al verde, ho intenzione di aspettare il viola.

Inaspettatamente

Er Matassa





mercoledì 12 gennaio 2022

Di anni nuovi e vittorie di Pirro

Rientrato a lavoro già il 3 di gennaio, ho avuto il colloquio che tanto attendevo con il capo. Di sua iniziativa, per giunta.

Dopo aver voluto conoscere le mie impressioni e un mio bilancio generale dell'anno scorso, è emerso che era soddisfatto del mio lavoro e che senz'altro sarei potuto rimanere a lavorare nel suo Studio.

Bene, no? Quasi. Anzi...

Il capo non ha ritenuto maturi i tempi per un aumento (ciò che mi interessava particolarmente, ça va sans dire), affermando che ho bisogno di un ulteriore periodo di tempo per perfezionare alcune cose e che l'anno nuovo (quest'anno, ndr) sarà importante per valutare la cosa.

Mi rode per una serie di ragioni.

Punto primo: il colloquio avrebbe dovuto aver luogo a settembre scorso. Ergo, se l'avessimo svolto allora, magari l'anno nuovo entrante sarebbe stata l'occasione per un aumento, se già per allora era confermata la mia condizione attuale (ed effettivamente era così, visto che nulla sul punto è accaduto). O - comunque - l'aumento sarebbe potuto arrivare prima rispetto a quando, ora, potrei attendermelo.

Già, perché l'anno nuovo significa tanto 1° gennaio, quanto 31 dicembre. Ma la mia scarsa prontezza di spirito al momento del colloquio non mi ha consentito di sottolineare né questo, né di insistere esplicitamente per un aumento. E su ciò continuo ad arrovellarmi, ovviamente.  

Punto secondo: si tratta di una vittoria di Pirro.

Bene continuare a esercitare in uno Studio, bene continuare a collaborare. Ma a che prezzo? 

Sei anni di professione (di cui più di tre da praticante, il tempo rimanente da professionista) e quattro di PhD per cosa? Per potermi permettere a stento un affitto da condividere con Eureka, la persona che amo e con cui voglio costruire qualcosa e trascorrere il resto della mia vita?

Non sempre ho pensato di meritare di più. Questa volta, invece, ne sono sicuro.

Ciò mi sta portando a valutare tante altre strade, che mai avevo preso in seria considerazione sin d'ora. Ingrandire i propri orizzonti fa bene, anche per capire bene ciò che si vuole e ciò cui si può ambire, mi hanno detto. Ma la paura di azzardare, di far qualche passo falso, insicuro, è tanta.

In ogni caso, auguri (seppur in ritardo) di buon anno nuovo a tutti voi che leggete.

Insicuramente

Er Matassa