mercoledì 26 maggio 2021

Barba (with or without you)


Stamattina son dovuto andare in ospedale per svolgere degli esami. Per alcuni di questi era richiesto che mi radessi completamente il volto.

Era diverso tempo che non mi tagliavo completamente la barba. Non che ne abbia chissà quanta, beninteso: il fatto è che già di mio dimostro meno anni di quelli che ho, per cui, quando la barba è iniziata a comparire, ho preso a farla crescere, forte e orgoglioso di quei quattro bulbi in croce che mi facevano guadagnare qualche sentore di maturità in più e che sembravano dare un po' di tono all'allora me neodiciottenne, soprattutto se nei paraggi avevo adocchiato qualche ragazza. Senza barba, viceversa, mi hanno sempre dato sui 16 anni o giù di lì, sicché tendevo - e tendo oggigiorno - a curarla, ma soprattutto a raderla non del tutto.

In ospedale mi hanno chiesto se ero maggiorenne e, dando per scontato che non lo fossi, cercavano un mio accompagnatore.

Morale della favola: ora che ho varcato la soglia dei trenta, l'esser scambiato per qualcuno più giovane inizia a non darmi più tanto dispiacere. Anzi...


Sbarbatamente

Er Matassa

venerdì 14 maggio 2021

Dentro una pressa

 All'inizio volevo scrivere "con un piede in due scarpe", ma cercando su Internet ho scoperto che ha una connotazione negativa, di persona approfittatrice e arrivista. Poi ho pensato a "con due piedi in una scarpa", ma ho letto che in Sicilia lo usano per dire a qualcuno di starsene composto.


Così, nella speranza di riuscire fuorviante il meno possibile, ho deciso di intitolare il post in questo modo, per cercare di restituire l'idea di sentirmi "dentro una pressa". Le due forze che animano questa pressa - Professione e Università - sono ancora lontane fra loro, beninteso, ma sento, percepisco che gli impegni che ne discendono si stanno accumulando piano piano e che se non faccio qualcosa, mi schiacceranno. E io sto rimanendo inesorabilmente con un bel po' di arretrato...

Certo, rispetto al passato ci sono stati dei miglioramenti. La concentrazione è migliorata, la produttività anche. Ma a volte mi sento un po' come Achille e la Tartaruga del vecchio Zenone: più uno cerca di star dietro alle cose che gli interessano, più ha l'impressione di rimanere indietro. E, allo stesso modo, più queste sono, meno uno riesce a star dietro a tutte quante.

Stasera i miei amici si vedono per uscire. Lo abbiamo fatto anche la settimana scorsa, abbiamo cenato fuori, all'aperto (ché solo all'aperto si può stare nei locali almeno per ora), ma con una fiumana di gente intorno. Altro che distanziamento fra tavoli e mascherine. Oggi, così, ho deciso di passare (tradotto in caso di equivoci: di soprassedere) e di tornarmene a casa, complici anche la pioggia, diverse letture universitarie da ultimare e il mood non proprio da "serata".

Lo stesso mood che mi sentivo un po' ieri sera, dopo essere stato da Amazzone, la mia terapista. Premetto che ogni volta che esco da una terapia con lei sto meglio, eh. Solo che mi sento sempre un po' centrifugato: ché alla fine tutto questo scavarsi dentro mette un po' in subbuglio. A volte mi sento un po' come se stessi tirando fuori dall'armadio roba messa a casaccio e accumulata lì nel corso degli anni e poi cercassi ordinatamente di rimetterla a posto, mettendo da parte gli abiti troppo stretti o troppo rovinati per darli via. È un lavoro che ti fa sentire meglio, ma che fatica...

Così faticoso che ieri sono andato a letto praticamente senza cenare (dico praticamente perché l'unica cosa di cui avevo voglia era qualche pezzo di uova di cioccolato ancora avanzato da Pasqua). E a me in genere l'appetito non manca affatto!

Mi sento, poi, di preferire in questo momento a una serata pur chiassosa e magari allegra un incontro con gli amici a tu per tu, pochi per volta, oltre che per ragioni legate al Covid anche perché è difficile parlare con ognuno di loro e fare discorsi di una qualche serietà quando si è in tanti in un certo contesto. Invece sento di aver bisogno di condividere con qualcuno di loro anche le mie sensazioni riguardo al lavoro, all'università, a come vanno le cose in casa. Anzi, soprattutto a come vanno le cose in casa e alla necessità - che si fa sempre più impellente - di avere un posto mio. O mio e della mia ragazza, Eureka.

Ed è qui che casca l'asino: quale delle due opzioni? Non riesco ancora a decidermi, anche se, parlandone con Amazzone, sono riuscito subito a isolare ciò che sono i veri problemi da quelli - pur presenti, ma ancillari - che una scelta di questo tipo comporta. 

Vedremo. Penso di aver scritto abbastanza e anche di getto. Forse troppo.


Dubitamente

Er Matassa

martedì 11 maggio 2021

Stream of consciousness ovvero non può piovere per sempre (forse)

Scrivo questo post al termine di due giornate lavorative che di lavorativo, ahimè, in realtà hanno avuto ben poco, a causa delle mie scarse capacità di concentrazione.

A volte mi sembra di esser ritornato all'anno scorso, quando i giorni trascorsi in questo modo si rincorrevano uno dopo l'altro finché non ne perdevo il conto. Spesso iniziavo la giornata fiducioso e poi la terminavo senza aver concluso nulla, travolto dagli impegni relativi a cose meno importanti o dalle distrazioni e spesso ancor più stanco rispetto a come mi sarei sentito se quel giorno avessi lavorato alacremente.

Eppure Amazzone (così ribattezzeremo la mia tutor e psicologa) me lo ha già detto più volte. "A te sembra di stare fermo, Matassa; ma in realtà sei cambiato un sacco, hai fatto progressi, anche se piccoli. Ll primo passo è rendersi conto di ciò che accade e non limitarsi a subirlo passivamente e tu lo stai facendo".

Sì, penso, è vero. C'è in me una consapevolezza diversa rispetto a prima, lo ammetto. Ammetto cioè il fatto che niente è destinato ad "andare come deve andare", ma può andare in maniera anche diversa. E in questi ultimi mesi questa "maniera" è stata nettamente migliore rispetto alle mie aspettative e a quello che avevo trascorso sinora, lavorativamente e sentimentalmente. Hai vinto tu, Amazzone. Per questa volta. 


Mentre penso che mi alzerò fiducioso dalla scrivania del mio nuovo ufficio, contento nel frattempo del fatto che la giornata lavorativa terminerà comunque prima di cena e non (come spesso mi accadeva prima) dopo cena o nel cuore della notte indipendentemente dal momento del mio ritorno a casa, guardo la finestra e il temporale che al di fuori imperversa su Roma e che in un pomeriggio ci ha fatto ripiombare nel freddo novembrino, mentre tutti (me compreso) erano ormai convinti di averla sfangata e di esser finalmente in quel periodo dell'anno in cui tra dentro e fuori casa passano almeno dieci gradi di differenza, all'interno geli e al di fuori muori di caldo. E invece.

Chissà, forse è anche la malinconia suscitata dal repentino grigiore imperante che mi ha fatto venire questo fastidioso mal di testa. Grigiore che stona con la giornata di ieri, nella quale per un attimo ho quasi avuto la sensazione di ritrovarmi nell'afa agostana che conoscono bene i romani che restano nella capitale ad agosto. Ma stona anche con lo scorso fine settimana, in cui io ed Eureka, la mia ragazza, siamo riusciti a ritagliarci un weekend tutto per noi per festeggiare il nostro anniversario.

Le giornate trascorrono, gli impegni si accavallano, le cose mi sfuggono. Ma stavolta c'è anche la sensazione che in qualche modo, stringendo i denti e le redini, io riesca a star dietro a loro. Quantomeno a quelle più importanti per me.


Ottimisticamente (chi lo avrebbe mai detto...)

Er Matassa

martedì 4 maggio 2021

Con tanti auguri...

...ma senza troppi complimenti, verrebbe da dire.

Sei sempre stato un tipo estroverso, zuzzurellone, estroso, socievole. Non nego, poi, che tu sia sempre affettuoso, propositivo e con una parola di ottimismo pronta all'occorrenza a fronteggiare il mio pessimismo cosmico. Riesci simpatico alle persone, probabilmente perché spesso si limitano a conoscerti superficialmente.

Questo sei tu, caro papà. A tuo modo mi vuoi bene e io, da parte mia, mentirei se dicessi che non te ne volessi. Perché te ne voglio anche tanto.

Una cosa che ti è sempre mancata, però, è il tatto.

Così, caro papà, prima di decidere di punto in bianco di dimezzare l'assegno di mantenimento ("che tanto ora sei in prova in questo nuovo posto, no? Fino a dopo l'estate, giusto? Bene, poi vediamo quando finisce la prova, casomai se va male ritorniamo a com'era prima, d'accordo?"), ma soprattutto prima di mettermi davanti al fatto compiuto di averlo già deciso (e fatto), avresti potuto, che so, condividere il tuo intento con me. Chiedermi che ne pensavo, ragionare a quattr'occhi -  certo, per quanto possibile lo sarebbe stato adesso, visto che non ci vediamo di persona da un anno perché tu vivi nel neanche troppo lontano Nord dell'Italia - magari mi sarei fatto persuaso del fatto che, sì, adesso un taglio ce lo si può dare, perché in fondo ho cercato e trovato un lavoro, proprio come desideravi e mi chiedevi incessantemente ogni volta che mi chiamavi.

Certo, proprio adesso, che sono tormentato dall'incertezza se - nel fare il grande salto e andare a vivere da solo - sia meglio andarmene per conto mio oppure direttamente insieme alla mia ragazza, dunque in un momento in cui avrei avuto necessità di un maggior sostegno economico, avrei forse non condiviso, ma compreso di più le ragioni del tuo gesto, se me ne avessi messo a parte prima.

Un tempismo perfetto, caro papà, non c'è che dire: perfetto come il pugno nello stomaco che mi hai appena assestato.


Instabilmente

Er Matassa