martedì 18 gennaio 2022

Di viaggi in scooter e strade inaspettate

Chi si sposta in scooter a Roma riesce senz'altro a muoversi in maniera più agile e veloce di chi viaggia in macchina o - peggio ancora - dei mezzi pubblici di superficie, quali autobus e tram.

Nemmeno gli scooter, però, riescono a sfuggire ai Diktat dei semafori e alle lunghe attese ch'essi comportano, soprattutto agli incroci delle arterie principali della città. Salvo, ovviamente, voler fare uno sgarro al codice della strada, il che però spesso e volentieri non è consigliabile, perché oltre al benessere fisico nuoce - banalmente e utilitaristicamente - anche a quello del portafogli. 

Così, nei non radi momenti in cui mi trovo ad attendere che scatti il verde, scruto le targhe degli altri scooter, quando non mi perdo in pensieri relativi alle ragnatele che infestano alcuni dei luminosi vigili del traffico romani. Non perché abbia un'avversione nei confronti delle targhe delle macchine, beninteso, ma perché dalle placche che contengono le targhe degli scooter è ben più facile vedere l'insegna e l'indirizzo dei concessionari dove questi sono stati comprati.

E così, dando per presupposto che la casa dei miei effimeri compagni di corsia si trovi non distante da quei rivenditori, cerco di immaginare verso quali lidi li porteranno i loro viaggi infraurbani. Stamattina, ad esempio, lo scooter di un tizio recava l'indirizzo di un concessionario di Centocelle. Chissà che ci faceva stamattina, nel bel mezzo del Lungotevere, con una scopa tenuta sulla pedana dello scooter, in mezzo alle gambe. Stava andando a pulire il nuovo posto di lavoro? Portava la scopa alla madre che abita dall'altra parte della città per darle una mano a riordinare casa? Si trattava di una Befana maschio, di ritorno dalla villeggiatura alla sua casa in quel di piazzale dei Gerani?

Accanto a lui, un altro scooterista - non saprei dire se uomo o donna - montava uno scooter acquistato vicino a dove sono andato a convivere con Eureka. Un altro pensiero mi ha colto. La stessa placca, se vista tanto tempo fa, non avrebbe sortito in me lo stesso effetto. La mente è tornata a tutte quelle volte in cui - per svago o per lavoro, a piedi o motorizzato - mi sono trovato a percorrere la strada dove vivo, senza sapere che un giorno ci sarei andato ad abitare. Simmetricamente, chissà quante volte ho visto e vedrò posti, strade e palazzi che acquisteranno per me significato solo in futuro, ma che per me, adesso, non ne hanno alcuno.

Penso a tutto questo e nel frattempo il verde è arrivato. Per fortuna, sono abbastanza allenato da saper spingere la riflessione - e girare, subito dopo, l'acceleratore dello scooter - sino all'istante immediatamente precedente al momento in cui il conducente della macchina prima di me perderà la pazienza e suonerà il clacson, magari chiedendomi in gergo romanesco se, oltre al verde, ho intenzione di aspettare il viola.

Inaspettatamente

Er Matassa





mercoledì 12 gennaio 2022

Di anni nuovi e vittorie di Pirro

Rientrato a lavoro già il 3 di gennaio, ho avuto il colloquio che tanto attendevo con il capo. Di sua iniziativa, per giunta.

Dopo aver voluto conoscere le mie impressioni e un mio bilancio generale dell'anno scorso, è emerso che era soddisfatto del mio lavoro e che senz'altro sarei potuto rimanere a lavorare nel suo Studio.

Bene, no? Quasi. Anzi...

Il capo non ha ritenuto maturi i tempi per un aumento (ciò che mi interessava particolarmente, ça va sans dire), affermando che ho bisogno di un ulteriore periodo di tempo per perfezionare alcune cose e che l'anno nuovo (quest'anno, ndr) sarà importante per valutare la cosa.

Mi rode per una serie di ragioni.

Punto primo: il colloquio avrebbe dovuto aver luogo a settembre scorso. Ergo, se l'avessimo svolto allora, magari l'anno nuovo entrante sarebbe stata l'occasione per un aumento, se già per allora era confermata la mia condizione attuale (ed effettivamente era così, visto che nulla sul punto è accaduto). O - comunque - l'aumento sarebbe potuto arrivare prima rispetto a quando, ora, potrei attendermelo.

Già, perché l'anno nuovo significa tanto 1° gennaio, quanto 31 dicembre. Ma la mia scarsa prontezza di spirito al momento del colloquio non mi ha consentito di sottolineare né questo, né di insistere esplicitamente per un aumento. E su ciò continuo ad arrovellarmi, ovviamente.  

Punto secondo: si tratta di una vittoria di Pirro.

Bene continuare a esercitare in uno Studio, bene continuare a collaborare. Ma a che prezzo? 

Sei anni di professione (di cui più di tre da praticante, il tempo rimanente da professionista) e quattro di PhD per cosa? Per potermi permettere a stento un affitto da condividere con Eureka, la persona che amo e con cui voglio costruire qualcosa e trascorrere il resto della mia vita?

Non sempre ho pensato di meritare di più. Questa volta, invece, ne sono sicuro.

Ciò mi sta portando a valutare tante altre strade, che mai avevo preso in seria considerazione sin d'ora. Ingrandire i propri orizzonti fa bene, anche per capire bene ciò che si vuole e ciò cui si può ambire, mi hanno detto. Ma la paura di azzardare, di far qualche passo falso, insicuro, è tanta.

In ogni caso, auguri (seppur in ritardo) di buon anno nuovo a tutti voi che leggete.

Insicuramente

Er Matassa