martedì 20 ottobre 2020

Anonimi e no

Prima di scrivere qui ho avuto un altro blog, sempre ospite di Blogger.

Si trattava di un passatempo nato quasi per gioco e vissuto nell'arco di circa sette anni, nel corso dei quali si era venuto a creare un legame - piacevole perché dialogico, insolito perché virtuale - con alcuni lettori. Si trattava, spesso e volentieri, di altri blogger, molti dei quali mi leggevano mentre mi trovavo a studiare all'estero, incuriositi dalle mie descrizioni di abitudini e costumi stranieri.

L'assenza di progettualità e il desiderio di interlocutori (ma probabilmente soprattutto quest'ultimo) erano tali che non avevo fatto mistero di chi fossi, di dove vivessi, di quale Università frequentassi; di quali fossero i miei hobby, i miei gusti, i miei progetti per il futuro. In un post dopo l'altro, tessera dopo tessera, era restituito al lettore attento l'esatto mosaico della mia identità. 

Lanciato il sasso, è stato impossibile nascondere la mano.

Una volta laureato, complici il lavoro e le amicizie dei colleghi anche sui social, ho iniziato a sentirmi "inibito", in un certo senso, in quello che scrivevo o, comunque, schiacciato dal fatto di doverne eventualmente rendere conto a qualcuno. Silenziosamente, dunque, ho chiuso bottega, pur continuando a seguire alcuni amici di tastiera in anonimo.

Proprio sull'anonimato mi vorrei soffermare un secondo.



Che il blog precedente non facesse mistero della mia identità l'ho già detto chiaramente. Nondimeno, di me non parlavo una tantum, ma poco a poco e progressivamente, a seconda di quanto mi trovavo a scrivere in un determinato momento. Di modo che, mentre all'inizio avrei potuto decidere, in teoria, se mantenere un "basso profilo" o meno, alla fine mi son trovato a imboccare la seconda strada. La cancellazione del blog ha portato con sé anche quella di molti post ai quali ero affezionato e che purtroppo, per l'andamento che avevano preso le pubblicazioni, era impossibile mantenere online.

Recentemente mi sono trovato innanzi un problema analogo. Su un noto social network avevo un profilo che lasciava intendere qualcosa di me, ma non tutto, in un limbo tra pubblicità e anonimato nel quale, anche nel vecchio blog, all'inizio mi sono crogiolato.

Alla luce dell'esperienza pregressa ho deciso, però, di prendere una direzione nettamente diversa, nel tentativo di distinguere chiaramente ciò che è destinato a rimanere anonimo da ciò che non lo è.

Anzitutto, ho arricchito dei dati mancanti il profilo esistente, rendendolo a tutti gli effetti riconoscibile e a me riconducibile. In secondo luogo, ho creato un secondo profilo anonimo, dedicato a riflessioni che, come questa, legano un più ampio respiro al fatto di poter rimanere parzialmente nell'ombra.

Spero in questo modo di riuscire a salvare ogni pensiero, sia quelli pubblicabili (per così dire) senza veli, sia quelli che, paradossalmente, meritano proprio di esser velati per esser compresi più in profondità.


Velatamente

Er Matassa





16 commenti:

Franco Battaglia ha detto...

Potrei aver qualche difficoltà a comprendere il "quelli che, paradossalmente, meritano proprio di esser velati per esser compresi più in profondità", dove in effetti resto incastrato nel paradosso.
Il blog l'ho sempre considerato pubblico e chiaro, altrimenti val bene una pagina word, ciò non toglie che la maggioranza dei bloggers non si dichiari nome, cognome e viadiscorrendo, ma rimanga in un più "velato" limbo. Forse perché si vergogna di cosa scrive? Forse perché non deve giustificarsi? Forse perché non verrebbero compresi in profondità, ma distratti e condizionati dal reale personaggio (bell'ossimoro, non c'è che dire..)?!

Er Matassa ha detto...

Ciao Franco e benvenuto.
Il paradosso è per me solo apparente e mi pare che tu colga bene il senso di ciò che dico in chiusura del tuo commento. Pensa a questo. Dopo aver iniziato a lavorare avrei voluto parlare del mio lavoro a trecentosessanta gradi. Cosa che, però, non potevo fare, perché alcuni dei miei colleghi avevano iniziato a chiedere la mia amicizia su Facebook, dove peraltro condividevo i link ai post del mio blog.
In questo senso, dunque, un "velato" limbo mi consente, paradossalmente (ma solo in apparenza, ripeto), di affrontare più aspetti in maniera più trasparente. Aspetti non solo negativi, beninteso, ma anche positivi, come ad esempio quando sentivo la necessità di riflettere sul lavoro o sul modus operandi di qualche collega, soffermandomi, al di là dei complimenti, sulle ragioni profonde di ciò che era stato fatto. Cosa che, magari per convenienza o pudore, non avrei avuto il coraggio di fare dal vivo.
Spero di esser stato più chiaro, ma dimmi tu: mi fa piacere approfondire l'argomento.
Un saluto,

EM

MikiMoz ha detto...

Eheh, ovviamente non dovrai mai far incontrare e combaciare i due tuoi alter ego :D
Comunque, mi chiedo sempre: cosa c'è di tanto scabroso da dover dire, che è necessario restare anonimi? :O

Moz-

Er Matassa ha detto...

Ciao Moz:)
Mah, penso che il senso della risposta sia nel commento scritto sopra. Metto mano a un altro esempio: fa' conto che odi il fatto che un tuo Collega si pavoneggi per meriti non suoi e che, per quieto vivere "lavorativo", tu non possa permetterti il lusso di affrontarlo apertamente. È solo uno di tanti esempi. Ma pensa anche a una situazione familiare delicata, della quale non puoi parlare con i tuoi amici più stretti per vari motivi, e allora sei in cerca di uno spazio per esprimerti comunque senza ritrosie. Potrei continuare...:)
Un saluto,

EM

Anonimo ha detto...

"Potrei continuare..."io ?:)visto che sono la versione femminile di anonimo?

Si rimane anonimi anche per dare voce alla propria essenza... chissà forse è una forma di protesta spirituale inconscia,verso la "cultura della visibilità"...

...mi ha colpito questo passaggio:

L'assenza di progettualità e il desiderio di interlocutori (ma probabilmente soprattutto quest'ultimo) erano tali che non avevo fatto mistero di chi fossi, di dove vivessi, di quale Università frequentassi; di quali fossero i miei hobby, i miei gusti, i miei progetti per il futuro. In un post dopo l'altro, tessera dopo tessera, era restituito al lettore attento l'esatto mosaico della mia identità..

MikiMoz ha detto...

Certamente... insomma, cose non etiche da diffondere ai 4 venti^^

Moz-

Er Matassa ha detto...

@Mia versione femminile
Secondo me solo restando anonimi è possibile raccontare le cose in maniera del tutto trasparente. Potremmo dire, in altre parole, che l'invisibilità dell'interlocutore è sacrificata in nome della visibilità della narrazione. E qui mi riallaccio alla tua considerazione dell'anonimato quale protesta spirituale inconscia: sai, non ci avevo mai pensato, ma forse vi ho aderito - appunto - inconsciamente!
Un saluto,

EM

Manoel O. Dias ha detto...

ma chi minchia sei????? qual era il tuo vecchio blog????

Paola S. ha detto...

Ho letto con interesse qualche giorno fa il tuo post perché in realtà spesso anche io ho riflettuto su questa cosa. Io sono rimasta sempre piuttosto anonima sulla blogsfera a parte rare eccezioni. La motivazione è molto semplice: non credo che la mia identità aggiunga nulla a quello che scrivo.
Così come, quando trovo qualche bel blog, il fatto di non sapere chi ci sia dall'altra parte non toglie nulla alla bellezza di ciò che leggo.
Per me è proprio riassunto tutto così :D
Poi, come appunto mi è capitato, ci sta che a volte si abbia voglia di scoprirsi un po' di più con il tempo, ma è una cosa graduale, non programmata e penso vada bene così :D

Paola S. ha detto...

Ps. io più che dalle facce nascoste spesso sono incuriosita dalle voci; mi chiedo spesso "chissà che voce ha questo/questa blogger" :-D

Er Matassa ha detto...

Manoel O. Dias
Ormai non c'è più:)

Er Matassa ha detto...

@Paola S.
D'accordo con te sulla questione dell'identità. Ho aperto questo blog - anziché riaprire quello precedente, come anche avrei potuto fare - proprio perché voglio evitare ch'essa, ex se, aggiunga qualcosa a quello che si scrive.
Recentemente sono tornato a riflettere sull'anonimato, penso che ci scriverò un altro post tra un po'.

P.S. Non avevo mai pensato alla vicenda delle voci! Adesso ogni volta che mi imbatto in un blog proverò a immaginarmi il timbro di voce del suo proprietario!

Franco Battaglia ha detto...

..questo è un collega d'ufficio.. lo so.. ahahah

Franco Battaglia ha detto...

@Paola..pensa che io lo so che voce hai.. ahah

Paola S. ha detto...

E dato che lo sai, sei consapevole che, nel caso, non ti saresti perso nulla xD
Comunque anche io conosco la tuaaaa :)

Paola S. ha detto...

Immaginare una voce è difficilissimo, più che provare a creare un volto nuovo (dicono che il nostro cervello non ne sia capace; che anche quando nella nostra mente compare un volto sconosciuto in realtà sia quello di qualcuno che abbiamo già incontrato, pur solo di sfuggita, e che non ricordiamo se non inconsciamente, appunto)