lunedì 20 febbraio 2023

Anno nuovo, nuove sfide


Come preannunciato nell'ultimo post, dal primo del mese svolgo un nuovo lavoro.

Si tratta, in particolare, di una posizione che dovrebbe darmi una relativa tranquillità, almeno per i prossimi tre anni. Poi si vedrà.

Per essere assunto ho partecipato a un concorso che ha richiesto - giorno più giorno meno - una quindicina di giorni di preparazione. E devo dire che, considerando le mansioni, l'orario di lavoro, la durata del contratto e la retribuzione, ne è valsa assolutamente la pena.

Si è trattato, però, di un "Piano B": di quindici giorni di studio che hanno intervallato, in realtà, la preparazione per un altro concorso (che chiameremo, in maniera originale, "Piano A"), non solo di maggiore portata, ma - ciò che più conta - per un lavoro che potrebbe piacermi di più e che trovo per me più congeniale.

Per il Piano A ho investito tempo, denaro ed energie: ho studiato nei ritagli di tempo dal lavoro nello Studio legale (prima) e a tempo pieno, mattina e sera, in biblioteca (dopo aver interrotto la collaborazione con lo Studio). Mi sono iscritto a un corso di preparazione, le cui lezioni spesso e volentieri erano nel fine settimana (si trattava di un corso rivolto anche a studenti già lavoratori).

La settimana scorsa si è tenuta la prima prova di questo concorso, dal cui esito dipendeva l'accesso alle prove successive. Purtroppo non è andata bene, anche se si è trattato veramente di pochi punti di differenza tra me e coloro che ce l'hanno fatta. Il risultato, però, quello è rimasto: non ammesso.

Appena ho saputo il risultato - inutile dirlo - ho passato i primi cinque minuti a maledirmi per tutte le volte in cui ho avuto l'occasione di studiare e non l'ho colta, perché mi sono sentito stanco, triste o semplicemente pigro. A quelle due domande che mi avrebbero potuto far guadagnare punti in più per passare questo primo step.

Subito dopo, però, ho realizzato che non tutto era perduto. Anzi, a ben vedere: niente era perduto. Si tratta di uno studio che mi porterò appresso e reinvestirò nei concorsi successivi che si svolgeranno, come si del resto si è svolto (e anche rapidamente!) il concorso che ho di recente vinto. E che ora come ora, rimproverarmi è assolutamente inutile, soprattutto alla luce di tutto ciò che è successo negli ultimi mesi.

Si tratta, né più né meno, di esperienza che non potrà che farmi bene ed essermi di insegnamento, in vista delle nuove sfide che - quest'anno o in quelli venturi - affronterò.

Concorsisti, state all'erta:

la partita si è appena aperta.


Apertamente

Er Matassa

martedì 31 gennaio 2023

Wind of change, parte II


Caspita!
Caspita, ripeto. Il mio ultimo post qui sopra risale addirittura all'anno scorso, precisamente al momento in cui, acquisita consapevolezza di star cercando qualcosa di più nel lavoro e nella vita in generale, ho fatto i bagagli e me ne sono andato dallo Studio legale ove collaboravo da ormai quasi due anni.
Il tempo passa davvero in fretta, più e più volte mi ero ripromesso di scrivere qualcosa, eppure... Ma andiamo con ordine.

In questo periodo di pausa, diciamo così, dal lavoro, mi sono rimesso a studiare. Ho dedicato il mio tempo allo studio, ma anche ad altre cose altrettanto importanti. Il rapporto con Eureka - la mia ragazza -, ad esempio, che ne è uscito rinforzato e rinvigorito, così come quello con amici che ho ricominciato a frequentare e che nella frenesia lavorativa vedevo sempre più in fretta o di sfuggita. E tempo da dedicare a me stesso, per ascoltarmi e capire quello che mi piace fare, vedere, sentire, assaggiare, ora che finalmente sto imparando a farlo.

Poi ci sono state le prove concorsuali di diversi concorsi. Sono ancora in attesa dell'esito di alcune e altre ne dovrò ancora sostenere. Intanto, però, qualcosa si muove: ho vinto (inaspettatamente!) un concorso e domani, per la prima volta, indosserò - diciamo così - delle nuove vesti, diverse da quelle in cui finora - a volte quasi come su un nastro trasportatore - mi sono ritrovato. Certo, non è proprio quello a cui puntavo, ma è un primo passo e sono molto motivato e curioso di vedere quello che mi capiterà davanti.

Devo molto a Eureka, ma soprattutto ai miei genitori, per avermi sostenuto e motivato anche quando, ormai più di tre mesi fa, ho deciso di cambiare strada e l'ho comunicato loro. Soprattutto papà, che è stato molto, molto contento del fatto di mettermi in discussione e di cercare qualcosa che mi desse veramente soddisfazione.

Papà se n'è andato dal mondo che conosciamo alla fine dello scorso anno, inaspettatamente, improvvisamente, drammaticamente. Così, all'improvviso, un male incurabile se l'è portato via, senza chiedere permesso e senza alcun tipo di preavviso. Papà, che - per vicissitudini varie - non vedevo di persona da diverso tempo, ma che mi chiamava - puntuale - ogni giorno, per sapere come andassero le cose. 

La mancanza di un contatto reale (e non virtuale), e quotidiano con lui mi impediva ormai da tempo di scendere a un livello di intimità quale quello che - penso - dovrebbe connotare ciascun rapporto padre-figlio. Nel suo essere estroverso, papà celava in realtà una sua profondissima timidezza, frutto di un'infanzia infelice e problematica che si era lasciato alle spalle.

Era difficile, quindi, capire se e quando papà fosse realmente felice o triste rispetto a un evento o che gli raccontavo, perché condiva tutto con una giovialità contagiosa. Quando avevo deciso di cambiare lavoro e di mettermi a studiare, però, la voce a tratti rotta dalla commozione mi aveva fatto intendere che fosse davvero felice. E felice - nei termini in cui si può esserlo quando accadono cose del genere - lo sono anch'io, per il fatto che papà abbia fatto in tempo ad assistere a questo cambiamento.

Er Matassa


mercoledì 19 ottobre 2022

Prima di andarmene


 È tutto pronto, adesso.

Sulla mia scrivania di Studio, fino a un paio di giorni fa, campeggiavano aspiranti grattacieli di carte e scartoffie relative a pratiche accumulate in questi due anni di lavoro qui.

Altrettanti grattacieli (ne ho contati almeno un paio) erano stipati nell'armadio nella mia stanza, nascosti dalle ante e al riparo da sguardi indiscreti, affinché non fosse ulteriormente aggravato il turbamento già causato dalle carte presenti sul tavolo.

Il desktop del computer era un coacervo di icone, programmi e documenti scaricati e automaticamente salvati, alcuni - azzarderei a dire - forse anche mai aperti. La cronologia dei download risaliva alla prima volta in cui ho messo piede nella stanza dove ora mi trovo, meno di un anno fa. Evento che, a sua volta, aveva luogo a più di un anno di distanza dall'ingresso, per la prima volta, in questo Studio: prima ero precariamente presente in sala riunioni, sino a quando non si è deciso di liberare una stanza di alcune futilità ivi presenti (sulle quali forse mi soffermerò un'altra volta).

In due giorni ho fatto del mio meglio per "fare pulizia": in disparte le operazioni di cleaning informatico, relativamente agevoli (almeno fisicamente parlando), posso affermare con una certa disillusione di aver trascorso l'ultima giornata e mezza a strappare e triturare fogli e appunti in vista della mia imminente dipartita. Il che mi ha spinto a riflettere anzitutto sul fatto che, d'ora in poi, prima di stampare qualcosa ci penserò due volte (foreste tutte del mondo, sono in debito con voi); in secondo luogo, che i tentativi di Eureka di civilizzarmi regalandomi libri di Marie Kondo sono stati in buona parte fallimentari.

Certo, alla fine ho scoperto che il mio successore, con ogni probabilità, sarà qui già da domattina. E dunque era a maggior ragione necessario provvedere a lasciar tutto in ordine per un passaggio di consegne decente. La risistemazione però era qualcosa che avevo già in mente a prescindere. Quasi a voler suggellare il fatto di aver finalmente deciso di imboccare un'altra strada.

Mentre strappavo appunti, sentenze e atti giudiziari (il cui pulviscolo mi accompagnerà finché non tornerò a casa a farmi una doccia) pensavo all'ultima volta che me ne sono andato: ossia a quando ho lasciato il primo Studio, nel quale ho iniziato la pratica e poi proseguito la professione. A differenza di adesso, quella volta la decisione di andarmene non l'avevo presa io, ma mi era stata imposta dal titolare dello Studio.

Certo, non mi era stata data una deadline precisa. Certo, la notizia mi era stata comunicata anche con una certa delicatezza. Tuttavia, l'approssimarsi di un'altra scadenza concomitante mi aveva costretto a fare i bagagli in fretta e furia. E a lasciare incomplete molte cose, vuoi gli affari correnti di cui mi ero occupato, vuoi gli "averi" (atti, documenti, strumenti di cancelleria) che sono riuscito a recuperare solo molto tempo dopo. Un'incompletezza tangibile, probabilmente anche specchio di quella interiore.

Stavolta volevo fare qualcosa di diametralmente opposto. Sì, reso anche più facile dal fatto di esser stato in quest'altro Studio per meno tempo rispetto al primo; ma non per questo scontato. Di lasciare tutto in ordine, proprio come in ordine - Marie Kondo permettendo - penso di star rimettendo la mia vita, dando priorità alle cose che per me contano davvero e a quelle che mi voglio impegnare a ottenere.

Sono pronto, adesso.

 

Prontamente

Er Matassa

mercoledì 12 ottobre 2022

Uscire dal nastro trasportatore

 

Sin dai tempi del liceo ho un carissimo amico: uno di quelli che ti dice le cose in faccia, senza troppi complimenti, soprattutto se gli stai a cuore. Dotato sia di guanti di velluto, sia di parole che sanno essere ben sferzanti e graffianti, riesce sempre ad arrivare dritto al punto.

"A volte mi sembra che tu stia come su un nastro trasportatore, di quelli che vedi negli aeroporti, per le valigie. Che ti portano dove vogliono loro e tu non fai che assecondarli".

Il mio amico, prima di me, era arrivato a capire e a comprendere ciò che cercavo. Anzi, meglio: ciò che in realtà non stavo affatto cercando.

In principio era l'Università, l'Erasmus, la laurea, lo stage post lauream. Fin lì tutto ok. Poi, per quelle coincidenze che nella vita accadono una volta su mille, il praticantato in uno studio prestigioso, conosciuto tramite una collega e amica universitaria. Di lì il dottorato e di nuovo l'Università. Inizialmente ero davvero entusiasta, del tutto proiettato in una vita che mi era capitata tra le mani e che forse nemmeno ero consapevole di aver scelto: mi smazzavo da una parte all'altra, sempre guardando al mio boss (anzi: ai miei due boss, ciascuno per il proprio ambito, professionale e accademico) come a esempi da cui trarre insegnamenti per prendere sia il meglio, sia il peggio. E questo ok, è un bene. Purtroppo, però - e soprattutto - non mi ero mai chiesto se davvero volessi tutto ciò.

Di lì la (perenne) insoddisfazione, il senso di noia e di incompletezza, la procrastinazione, la distrazione, il mio non darmi ascolto. "Faccio questo e quest'altro. Nella vita voglio, anzi devo, essere questo e quest'altro", ripetevo a me stesso quasi obbligandomi e senza fare i conti con le mie inclinazioni e predisposizioni.

C'è un detto spagnolo che capita a fagiolo (tiè, pure la rima): "El hombre propone y Dios dispone". In breve significa che tu puoi farti tutti i progetti di vita che vuoi, ma poi è la vita che sceglie per te. Dove la vita non sono gli altri, non è il caso e non è nemmeno il Padreterno. O meglio, non sono solo loro.

La vita sei anche e soprattutto tu, anche quando non ti sei mai fatto domande, quando continui a sentirti inadeguato e quando ti chiedi il perché di tale sensazione. Quando continui a forzarti e a obbligarti a percorrere certi cammini, ma senza ascoltarti, senza capirti. Senza vedere veramente quello che ti piace e - soprattutto - senza cercarlo.

Poi arriva il Covid, la quarantena, i litigi a casa tra i miei e con i miei, la perdita dell'animale domestico che era ormai quasi un fratello, il fatto di dover lasciare il posto di lavoro e il dover rispettare scadenze e portare a termine adempimenti che iniziavo a sentire sempre più pesanti. Su consiglio di amici e di Eureka - la mia ragazza - decido di iniziare psicoterapia.

La psicoterapia è stata una delle cose migliori che potessi fare in questi ultimi due anni. Mi ha portato a dubitare di tutto ciò che davo per scontato e a dare importanza a fatti, relazioni, sensazioni e pensieri che prima ritenevo futili o insignificanti. Mi ha aiutato a darmi fiducia e a sostenermi nei momenti più difficili, a capire cosa mi faceva star bene e cosa no. Ma soprattutto, mi ha fatto capire che la cosa più importante che uno possa fare è ascoltarsi. Dar retta a sensazioni. Decidere - certo - non solo di pancia, ma anche di pancia e non solo con la testa. 

Non saprei dire come sono arrivato a questo punto. Il fatto è che una volta che impari ad ascoltarti arrivi lontano, anche dove non avresti mai pensato di arrivare. Dicono che non sai dove ti porterà la psicoterapia. È vero. Magari riaffronti problemi e sollevi situazioni scomode, riporti alla luce cose che avevi lasciato sotto il tappeto. Dubiti di cose delle quali mai avresti voluto dubitare.

L'imparare a sostenerti, d'altra parte, ti dà il coraggio di prendere decisioni scomode, ma che senti che possano far veramente bene. Impari a fidarti delle tue emozioni e sensazioni. Impari l'autenticità di certi sentimenti e la finzione, o la sufficienza, di altri. Impari a non accontentarti di situazioni "di comodo", nelle quali sul momento stai bene, ma sai, senti che non è quello che vuoi per te nel lungo periodo.

E allora ti dici: "Non sono più tanto giovane, ma nemmeno tanto vecchio ancora". Inizi a pensare in grande come mai hai pensato sinora, costretto in quel nastro trasportatore che la vita ti ha costruito. Ora, però, capisci che su quel nastro non sei condannato a restare. Del resto, chi lo ha detto che bisogna restare dove la vita ci ha portato? Chi ti impedisce di prendere un'altra strada?

Un distinguo, forse, è opportuno. Non rimpiango e non rinnego tutto quello che ho fatto sinora. Il nastro trasportatore, per rimanere in metafora, è servito a farmi crescere e ad acquisire esperienze, a stringere amicizie, a maturare. Tutto quanto della mia vita, fino a questo momento, mi è servito. Ora, però, è il momento che prenda io il timone. È il momento che sia io a scegliere e non lo faccia qualcun altro per me.

Così ho fatto qualcosa che solo un paio di anni fa non avrei mai pensato di poter fare. Qualcosa di molto incerto e molto scomodo, rischioso e sconveniente.

Sono uscito dal nastro trasportatore.

La settimana scorsa ho detto a Studio che me ne sarei andato alla fine di questo mese. E così sarà, alla ricerca di qualcosa che mi piaccia di più e per/dalla quale io mi senta più portato, appagato, ristorato, intrigato.

Mi sto preparando a qualcosa di più grande, di più bello, che sento possa fare per me. E chissà: magari andrà male o magari, una volta visto l'andazzo, tornerò a fare quello che facevo prima. Ma potrò dire di averlo scelto, allora, e di essermi messo alla prova in qualcos'altro, senza vivere una vita di rimpianti.

E sono felice.

 

Er Matassa

 

martedì 6 settembre 2022

Rimembranze di agosto e consapevolezze di settembre

Michelangelo, Lo Schiavo detto "Atlante"

È un bel po' che non scrivo nulla qua sopra. Più passa il tempo, poi, più è difficile riannodare le fila del discorso (meglio: dei tremila discorsi) lasciati in sospeso prima dell'estate. E diventa anche più difficile scrivere con una certa scioltezza, accidenti! Mi sono quindi detto: buttiamoci, scriviamo qualcosa anche se non abbiamo le idee ben chiare, ché sennò aspettare è solo peggio...

In un certo senso, è con lo stesso spirito che sto maturando di prendere una particolare decisione lavorativa: lo spirito, diciamo così, del "se non ora, quando?" di oraziana memoria. Penso però che ne parlerò più avanti in un altro post, magari provando a scrivere con maggior tranquillità. 

A proposito di tranquillità e di tempo trascorso, l'altro giorno ragionavamo con Eureka sul fatto che, da quando io e lei stiamo insieme, erano due anni che non riuscivamo a farci delle vacanze degne di questo nome. 

Ok, tralasciamo l'anno in cui - a causa della prova orale di un importante esame di abilitazione che avrei dovuto sostenere - ci siamo concessi, in totale, solo cinque giorni di mare. L'anno successivo, poi, è stato ancora più tosto, perché una deadline importante mi ha portato a trascorrere davanti al PC tutta l'estate (sempre per colpa mia e della mie scarse capacità organizzative, ahimè). E l'anno dopo ancora, vacanze praticamente ridotte a zero a causa dell'imminente trasloco!

A proposito di trasloco, la fatica era stata, ovviamente, ampiamente compensata dalla gioia di andare a convivere. Alla fine ce l'avevamo fatta: avevamo una casa tutta nostra (intendo in affitto, ça va sans dire...!) e giusto una settimana fa abbiamo festeggiato un anno di convivenza. Soprattutto nel corso di quest'anno, poi, ho capito quanto faccia bene ritagliarsi del tempo per sé, da dedicare alla celebrazione delle cose importanti (incluse le relative ricorrenze).

Tornando alle vacanze, dicevamo, siamo riusciti a ritagliarci qualche giorno in una località di mare molisana che - benché non troppo conosciuta - ci è piaciuta moltissimo. Non escludo, quindi, che ci ritorneremo in futuro. A questo periodo di mare ne è seguito un altro di villeggiatura toscana, tra casa dei miei e visite ad amici. Ebbene: se si eccettua un giorno di maltempo e un altro giorno in cui Eureka è stata preda di un terribile mal di pancia, tutto è andato a gonfie vele, anche nei rapporti con i miei e i suoi genitori (cosa peraltro tutt'altro che scontata, visti alcuni trascorsi turbolenti).

Qualche amico mi ha detto che erano diversi anni che non mi vedeva così abbronzato. "Andiamo bene allora", ho subito pensato, "ora stiamo a posto per altri x anni, chissà che altro accadrà di qui in avanti!".

Forse è necessario un chiarimento. Ho diverse cose in mente, ora, per il mio futuro, alle quali non avevo mai pensato. Anche se il cosa e soprattutto il quando sono ancora un po' incerti, vedo finalmente una direzione da seguire e un progetto che prende forma.

Progettualmente

Er Matassa