lunedì 29 marzo 2021

Chi ci restituirà il tempo perduto?

Diverso tempo addietro, prima ancora dello scoppio della pandemia, incontrai un mio amico, trovandolo molto stanco. Questi mi disse che la notte precedente non era riuscito a dormire e, documentatosi, aveva scovato un articolo scientifico (o presunto tale) il quale affermava che in realtà, se ci si sveglia durante la notte e poi - per fortuna! - ci si riaddormenta, è come se in realtà il nostro fisico non beneficiasse di tutte le ore di sonno di cui complessivamente abbiamo goduto, ma solo di quelle trascorse dall'ultimo risveglio in poi. Detto in altre parole: le ore di sonno precedenti alla "levataccia" notturna, secondo una terminologia cara ai Cinque Stelle, sarebbero "ore-zero", non rilevanti ai fini del ristoro del corpo e della mente.

Fatte le dovute distinzioni, mi sembra che, durante la pandemia, ci troviamo più o meno in questo stato, anche se - in un certo senso - esattamente al contrario. Mi spiego meglio.

È inutile ricordare che, poco più di un anno fa, la pandemia travolse i ritmi e gli abitudini di ciascuno: il lockdown "duro" allora imposto fu - al pari del virus - qualcosa di sorprendente e senza precedenti. Nonostante il numero dei contagiati e dei morti (mi pare di ricordare) fosse destinato ad aumentare ancor di più a fine lockdown e durante l'estate, l'impetuosità e la contagiosità del virus hanno fatto irruenza come mai nessuna malattia prima d'ora nell'Italia postbellica, lasciando il mondo intero interdetto, senza parole e - soprattutto - senza difese che contemplassero qualcosa di diverso da mascherine, distanziamento e quarantena.

Sin qui tutto è noto. Come è altrettanto noto che, quando il virus sembrò (e sottolineo sembrò) aver allentato la propria morsa contagiosa e il Governo si pronunciò a favore della riapertura delle attività, l'atteggiamento precauzionale delle persone cadde in picchiata. Com'è naturale che sia, del resto. Anzi, forse ancora di più, alla luce dei (quasi) due mesi costretti dentro le mura di casa o poco più.

Prima di dire ciò che penso, e a scanso di qualsiasi equivoco ingenerabile da parole impresse su schermo (a maggior ragione in uno spazio virtuale come questo, senza alcun tipo di filtro o di controllo del contenuto che non sia quello che mi pongo io stesso), ci tengo a precisare di non negare né l'esistenza e la pericolosità del Covid-19, né l'efficacia e l'utilità del vaccino contro questa malattia. Ciò premesso, queste sono le mie impressioni.


Penso che che il ritornare alle ben note restrizioni relative alla circolazione e alle attività commerciali sia come svegliarsi durante la notte e non poter beneficiare del sonno perduto: ossia, fatte le dovute distinzioni, del periodo in cui, bene o male, tali restrizioni non v'erano o erano meno pervasive. In altre parole, il ritorno alla zona rossa induce a dimenticare che - seppur per un breve periodo di tempo, seppur in maniera più edulcorata rispetto al consueto - siamo potuti tornare a vivere una vita quasi normale. E penso che sia altrettanto normale che l'essere umano, nel segmento di tempo che va dall'inizio della pandemia al momento attuale, tenda - purtroppo - a ricordare con maggior enfasi ed evidenza il periodo peggiore, vale a dire in cui è rimasto costretto dentro casa rispetto al resto.

La domanda, a questo punto, è la seguente: chi ci restituirà il sonno - o meglio: il tempo e la libertà - perduto? Chi potrà ridarci la possibilità di vivere altrimenti quei momenti trascorsi dentro casa a scrutare così terribilmente, così spaventosamente dentro noi stessi, quando - purtroppo o per fortuna - non potevamo esser distratti dall'applauso al balcone, dal lievito madre per il pane, dalla didattica e dagli esami a distanza, dalle terribili notizie al telegiornale, dal sospetto dell'avvenuto contagio nei confronti dei nostri vicini di pianerottolo?

La risposta è semplice, a mio parere. Si tratta di tempo ormai perduto, che non avremo mai più. E le brevi parentesi di libertà, purtroppo, non equivalgono affatto al lungo sonno ristoratore che normalmente ci accompagna nella notte sino al risveglio. Ciò che ricordiamo, purtroppo, è solo l'ultima volta in cui ci siamo svegliati.

Penso, allora, anche questo, che per qualcuno sarà forse scontato: temo, però, non per tutti. Per un risveglio che sia degno di essere chiamato tale - ossia, uscendo di metafora, una fine definitiva del lockdown e delle restrizioni - ciascuno di noi deve fare del proprio meglio per stare attento e rispettare le regole. In casa, al lavoro, a scuola, ovunque. Con le persone che amiamo, con quelle con cui lavoriamo, con quelle cui ci piace confidare e scambiare impressioni. 

Solo così potremo definitivamente risvegliarci.


Assonnatamente

Er Matassa

6 commenti:

Franco Battaglia ha detto...

Il tempo per i viaggi non fatti è quello che rimpiango di più, decisamente. Ma piangere sul latte versato, mi sembra inutile e pure infantile. Oggi sentivo di passaporto vaccinale..e spero ci si arrivi presto.. la paura poi - come quella che sottolinei - è che la gente tenda a strafare, e magari a farci fare di botto un passo indietro. Purtroppo siamo ancora troppo stupidi da questo punto di vista.. e si è visto dai tg quello che è successo nelle maggiori città italiane.. tutti a spasso, e spesso davvero scriteriatamente. Cresceremo mai, mi chiedo? A dispetto del tempo (e del sonno) perso?

Er Matassa ha detto...

Caro Franco,
Per rispondere alle tue domande temo che, purtroppo, manchi ancora tanta, troppa consapevolezza da parte di tutti. Speriamo bene.
Rimpiango molto anche io il tempo, forse non solo e non tanto per i viaggi (di quelli, ormai, ne facevo di meno rispetto all'epoca universitaria anche prima della pandemia...!), quanto per i baci, gli abbracci e - ancor più semplicemente - i sorrisi delle persone care.
Un saluto,

EM

Franco Battaglia ha detto...

Probabilmente si.. avendola a casa, la persona cara per antonomasia, vale a dire la consorte; gli amici, le bisbocce e le uscite mi sono mancate relativamente.. ma capisco tanti (anche amici single) che ne facevano, giustamente, essenza di vita..

Er Matassa ha detto...

Beato te, io e la mia ragazza siamo (seppur relativamente) lontani! Speriamo in migliori tempi a venire.

EM

Francesco ha detto...

io dico che chiudere è troppo semplice come soluzione. e visto che non ha funzionato oserei dire che è anche decisamente sbagliata. ma di quello che ci stanno facendo siamo complici anche noi che lo abbiamo permesso

Er Matassa ha detto...

Sono d'accordo, ma vero è anche che la gente non sa che deve comportarsi in un certo modo per evitare conseguenze peggiori. Dovevi vedere le foto del lungomare di Ostia nel weekend scorso: uno struscio peggiore che nel bel mezzo dell'estate. A quel punto, quando fare appello alla coscienza e al buon senso di ciascuno diventa inutile, penso che la chiusura diventi inevitabile.

EM